F1 | GP Bahrain: Analisi dell'incidente di Grosjean

2022-10-08 01:48:37 By : Ms. Angela Yang

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Analizziamo la dinamica dell’incidente di Romain Grosjean in Bahrain, le conseguenze sulla vettura e le possibili cause dell’incendio

La scena del primo giro di questo GP del Bahrain 2020 è una di quelle che non vorremmo vedere mai in F1 e che richiama gli incidenti di epoche ormai lontane. Le prime immagini chiare dell’incidente di Grosjean hanno ricordato infatti la dinamica dei due terrificanti incidenti avvenuti a Watkins Glen nel 1973 e nel 1974 costati la vita a François Cevert e Helmuth Koinigg, con il telaio che perfora il guard-rail. A questa già terribile situazione si è aggiunto anche l’incendio del carburante, inaudito sulle F1 moderne. Romain Grosjean ne è fortunatamente uscito sulle sue gambe (sebbene traballante), con alcune ustioni alle mani. Analizziamo con calma l’accaduto.

Dopo il primo complesso di 3 curve Grosjean si trova davanti a Kvjat, Latifi e Russell, con Raikkonen che è uscito sul lato sinistro della pista. Ha davanti a sé Sainz, Vettel e Magnussen, i primi due affiancati e il suo compagno di squadra subito dietro.

A questo punto decide di spostarsi sul lato destro della pista, tagliando però la strada a Kvjat, che non può fare nulla per evitarlo. La posteriore destra della Haas salta sopra l’anteriore sinistra dell’Alpha Tauri, e perde il controllo. Non si vede bene la velocità sui display, ma sappiamo che Grosjean aveva appena inserito la settima marcia, con Kvjat, più lento, ancora in sesta, per una velocità iniziale tra i 240 e i 260 km/h.

La Haas sbanda verso destra, e si scontra quasi frontalmente contro un guard rail, a qualche metro da una strada di accesso. L’urto avviene a 221 km/h, con un picco di decelerazione istantanea di 53 g e un angolo di 75°, il che provoca il cedimento delle due lame inferiori, sotto cui passa l’intera monoscocca, mentre contemporaneamente ruota in senso orario e trasla lungo la pista.

Fortunatamente l’Halo squarcia la terza lama del guard-rail, proteggendo la testa del pilota ginevrino, che avrebbe potuto subito conseguenze forse letali con le vetture di tre anni fa. La cellula di sicurezza e il motore si staccano, il retrotreno rimane dall’altra parte della barriera. C’è subito una gran palla di fuoco, causata dall’incendio del carburante.

Dal video della FOM, a 50 frame al secondo, si possono notare diverse cose interessanti. L’impatto avviene 45 frame (0,9 secondi) dopo lo scontro con Kvjat, con la luce posteriore che si accende nel frame dopo indicando una frenata tardiva mentre uno dei cerchi si rompe. La penetrazione del guard rail fino al roll-bar è completa in nemmeno un decimo di secondo.

15 frame dopo il primo impatto, quindi circa 3 decimi di secondo dopo vediamo una piccola luce, che poi diviene rapidamente una palla di fuoco: è l’innesco dell’esplosione, che è nella zona tra motore, batteria e serbatoio. La sfera arancione si nota circa 2 frame dopo, e si espande rapidamente. La separazione della vettura si può dire terminata dopo 0,5 secondi dal primo urto.

A questo punto tre domande possono venire spontanee: perché c’era solo un guard-rail in quella posizione, perché la vettura si divisa in due, e perché ha poi preso fuoco.

Il Bahrain International Circuit, inaugurato nel 2004, è uno dei più apprezzati circuiti della nuova era. Come tutti questi circuiti è anche dotato di una sicurezza di primo ordine, e di vie di fuga asfaltate immense. E tuttavia, abbastanza ironicamente, la scena che abbiamo visto ricorda appunto quelle di circuiti anni ’70 come il Glen. Questo è dovuto in parte al posizionamento particolare delle barriere.

Nella foto aerea in alto potete notare come il circuito abbia una rientranza dopo la terza curva per consentire l’accesso alla configurazione Paddock del circuito, una delle 6 di questo circuito modulare.

Le barriere quindi tornano verso il circuito con un angolo di circa 15° rispetto alla pista, avvicinandosi alla carreggiata per consentire l’accesso ai commissari di percorso. Nessuno aveva mai pensato che si potesse uscire in quel punto, dove normalmente si è già in rettilineo e in pieno sulla sinistra della pista, né tantomeno che l’impatto sarebbe stato quasi perpendicolare al guard rail, da cui la scelta di questa protezione.

I guard rail e i new jersey sono pensati infatti per traiettorie parallele alle barriere e quindi per urti laterali, in cui l’auto ha una componente della velocità parallela alla barriera molto superiore a quella perpendicolare, e la barriera deve smorzare solo quest’ultima, rettificando la traiettoria. Per gli urti frontali si impiegano la gomme e le TEC PRO, che hanno una superiore capacità di attenuare l’impatto, come abbiamo visto nel brutto incidente di Ghiotto a Sochi.

Il guard rail poteva essere quindi in una posizione leggermente diversa, più parallela al tracciato, consentendo un impatto meno perpendicolare e meno violento. Se questo avrebbe effettivamente evitato la penetrazione o meno, o ancora avrebbe peggiorato le cose, sarà responsabilità dell’indagine della FIA stabilirlo, così come ci aspettiamo un’indagine sull’efficienza del guard rail in questione.

Le vetture di F1, per motivi di peso e di rigidità, hanno il motore portante, ovvero il telaio monoscocca racchiude solo le sospensioni anteriori, la cellula di sopravvivenza del pilota e il serbatoio alle sue spalle, e il motore è attaccato con 6 bulloni alla scocca, mentre il cambio e le sospensioni posteriori sono imbullonate al motore, che li sostiene.

Sebbene sia molto raro, è dunque possibile per il motore staccarsi dal telaio, considerando anche la notevole torsione subita dai bulloni nell’impatto, e la presenza di un paletto del guard rail che ha aiutato a tagliare in due la monoposto. Sia il motore che il telaio hanno infatti ruotato in senso orario durante l’impatto, finendo in direzione opposta a quella di marcia ma da due lati del guard rail.

Va considerato che secondo Dallara questa è una funzione di sicurezza: togliendo peso alla monoscocca le barriere devono decelerare meno massa, proteggendo il pilota.

In una F1 ci sono diversi fluidi che possono prendere fuoco, ma la palla di fuoco che abbiamo visto è certamente attribuibile al carburante. Una F1 inizia la gara con circa 100-110 kg di benzina, ovvero circa 150 litri. Il serbatoio stesso si trova racchiuso dentro alla monoscocca, ed è conservato in un serbatoio di sicurezza auto-sigillante.

La cellula risponde alla specifica FIA FT-5 1999, che prevede diversi parametri di resistenza alla tensione, allo strappo e alla foratura. Tutte le cellule usate dai team di F1 sono prodotte dalla Aero Tec Laboratories, in Kevlar trattato con una tecnica proprietaria. Inoltre esistono diverse valvole per fermare l’afflusso di carburante al motore durante un incidente.

Dal 2014 in questa zona è anche collocata la batteria del’ERS, che recentemente è stata la causa dell’incendio al Mugello dell’auto di Stroll.

La monoscocca ha subito un urto violentissimo, che ha strappato tutte le componenti non strutturali, inclusa la carrozzeria attorno al roll bar, la carena in carbonio dell’Halo e anche le strutture di crash laterali. Il rollbar è rimasto leggermente intaccato, e ha perso tutta la carrozzeria in carbonio.

La FIA dovrà certamente stabilire la causa di questa esplosione, e cosa l’ha innescata. Le ipotesi più probabili rimangono la rottura del serbatoio, forse causata da un palo del guard rail, o una rottura dei tubi del carburante.

Finora non si ha notizia di un incendio della batteria, e non c’è alcun segno che sia accaduto all’impatto anche se è sicuramente successo nelle fasi succesive. Inoltre il contenitore della batteria è stato strappato dalla monoscocca (sotto il serbatoio ed è rimasto con il motore). È tuttavia possibile chela batteria abbia causato un cortocircuito. Di sicuro è stato ripreso un tecnico mentre tagliava i cavi dell’accumulatore.

Abbiamo anche ipotizzato un principio di incendio dagli scarichi, propagatosi durante la separazione in due della vettura (si ringraziano Federico Martello e Davide Galli).

Secondo Movistar i tecnici della Haas hanno recuperato il serbatoio ancora in gran parte pieno nel post-incidente, e la causa dell’incendio è dovuta al carburante che era già nel sistema di alimentazione.

Secondo le parole di Gabriele Tredozi, riportate da Motorsport, la causa dell’incendio è invece dovuta alla compressione della benzina durante l’incidente. La benzina avrebbe poi trovato uno sfogo facendo saltare il  bocchettone di rifornimento, uscendo come liquido e vapore in fiamme. Inoltre all’aumento della pressione aumenta il limite superiore di infiammabilità, ovvero l’esplosione avviene con concentrazioni di carburante molto superiori a quelle possibili a pressione atmosferica. L’intervento dei pompieri ha fermato l’incendio del resto del carburante.

In ultimo luogo, Grosjean è sopravvissuto grazie ai 4 strati di Nomex che compongono la tuta e le sottovesti di un pilota di F1. Questo polimero a base di meta-aramide resiste per circa un minuto al fuoco, Grosjean ha impiegato 25 secondi per uscirne, con alcune ustioni alle mani, dove la protezione è inferiore. Recentemente un aggiornamento degli standard aveva portato la zona di assoluta sicurezza a ben 20 secondi per la tuta.

In conclusione, vogliamo augurare una rapida ripresa a Romain Grosjean, e congratularci con la FIA e con Dallara che produce i telai Haas, per avere raggiunto questo grado di sicurezza, che ha senza dubbio evitato il peggio oggi. Tutte le strutture di sicurezza passiva introdotte dal 1994 ad oggi hanno protetto il pilota, soprattutto l’Halo. Resta da indagare sulle barriere e sulle cause dell’incendio.

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